Comunicare con il bambino: istinto o scienza?
È sempre il momento giusto per rivolgere le attenzioni e parlare al tuo bambino nel pancione.
Quello che può sembrare solo un’istinto di mamma è in realtà stato dimostrato dalla psicologia perinatale come uno dei migliori metodi per instaurare un rapporto col nascituro e influenzare la percezione del Sè.
In passato si pensava che il bambino al momento della nascita fosse una tabula rasa.
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Cioè che le sue strutture mentali e il suo cervello non fossero mai stati usati e di conseguenza non possedesse alcun giudizio sul mondo.
Studiando poi i bambini nati prematuri e approfondendo le ricerche anche ai feti all’interno del pancione, si è potuto osservare in che modo si sviluppano i vari sensi.
Il bambino costruisce quindi le prime esperienze sensoriali nella vita prenatale, le quali abbozzano la sua mente psichica, i suoi schemi mentali e il modo di “categorizzare” il mondo.
Ne consegue inevitabilmente che un bambino senziente all’interno della pancia della mamma comunichi con lei, rispondendo agli stimoli inviati e generandone di nuovi.
Quante volte ti sei trovata a fare un dialogo interno con il tuo bambino?
Quando ero incinta di Gingy ho iniziato a dialogare con lei, sia a voce alta, che attraverso la mente, in una sorta di botta e risposta psichica.
Ho scoperto, studiando la psicologia prenatale, che il dialogo psichico tra madre e bambino è reale.
Esso è reso possibile da uno scambio continuo di cellule e ormoni, dove entrambi i sistemi, quello materno e quello fetale, si influenzano a vicenda.
Perché parlare al bambino nel pancione fa bene
“Se un bambino durante i primi nove mesi della sua esistenza intrauterina è stato desiderato perché è stato concepito responsabilmente… durante la gravidanza ha ricevuto l’accettazione e la gioia materna perché era desiderato… è stato ascoltato perché i suoi genitori sapevano che era capace di comunicare… è stato capito perché è stato ascoltato… è stato accarezzato perché i suoi genitori sapevano che era sensibile… è stato accudito perché è stato desiderato, ascoltato, capito e coccolato… questo bambino, che è sempre stato accolto, nascerà e crescerà pensando di valere molto[…]”.
G. Arrigoni Ferrari, La comunicazione e il dialogo dei nove mesi.
Se pensi che già dalla 7a settimana di gravidanza inizia a formarsi il primo senso, cioè il tatto, attraverso la formazione di sensori attorno alle labbra, puoi capire quanto sia veloce il suo sviluppo e quanto il tuo bambino abbia bisogno di sentirsi amato e rassicurato.
Un bimbo mai pensato e rifiutato già nell’utero materno è un bambino mai esistito.
Parlare al bambino nel pancione fa bene perché egli si sente chiamato in causa, reale, percepisce il calore materno e i pensieri affettuosi che gli vengono riservati.
Come parlare al bambino nel pancione?
Ora che hai compreso l’importanza immediata e futura di comunicare con il tuo bambino, vorrei proporti un divertente esercizio da fare da sola o insieme al tuo compagno.
Si dice che parlare al bambino con tono amorevole, ascoltare musica, cantargli le canzoni e leggergli le fiabe siano tutti ottimi modi per instaurare un rapporto.
Tuttavia, proprio perché le parole sono importanti, anche il contenuto di ciò che gli si dice è fondamentale.
Perché se è vero che il bambino non possiede ancora delle strutture mentali capaci di decifrare il linguaggio, è vero anche che possiede le capacità empatiche per comprendere il tono e l’intenzione con cui gli si parla.
Ti propongo quindi un modo di parlare al tuo bambino diverso, come riportato nello scritto di Anna Stella Nutricati “La psicologia prenatale e il tempo”.
“Alcuni pensieri costruttivi, suggeriti dalla psicologia prenatale, che le mamme possono verbalizzare mentre cullano il nascituro o comunicano con lui:
“Tu sei unico…nessuno è, o sarà mai, uguale a te… io amo questa tua unicità… amo e accetto la tua diversità… ti amo totalmente come sei e come sceglierai di essere…” ;
“Non ho progetti su di te …non ho aspettative… ti accolgo e ti amo perché sei il mio bambino…” ;
“Il mio compito è quello di aiutarti ad essere ciò che sei nel profondo di te… ad essere te stesso…” ;
“So che in te c’è un mondo di potenzialità che hanno bisogno di esprimersi… io ti sosterrò nelle tue iniziative per fare uscire tutte le cose meravigliose che sono in te…”;
“Hai il diritto di avere le tue idee, diverse dalle mie… anche se in futuro non riuscissi a condividerle, le rispetterò…”;
“Tu sei un grande meraviglioso bambino… e io sento che in te c’è in potenza una grande meravigliosa persona…” ;
“Sono felice che tu esista…” “.
Anna Stella Nutricati propone inoltre alcune frasi che dovrebbero invece essere evitate.
- ORDINARE, COMANDARE, ESIGERE: “Smetti di agitarti”, “Rispondi al papà” ;
- MINACCIARE: “Se non mi rispondi non ti parlo più”;
- RIMPROVERARE, FARE LA PREDICA: “Sono già al sesto mese: dovrebbe essere più comunicativo”;
- CRITICARE, UMILIARE, INCOLPARE: “Si agita troppo”;
- DEFINIRE, ETICHETTARE, PARAGONARE: “Sei ansioso come me”, “Sento che è un bambino pacifico: mi assomiglia!”;
- FARE DEL SARCASMO: “Ma sentitelo come vuole farsi notare!”.
E dopo queste dritte ti auguro una buona comunicazione con il tuo piccolo ;).
Un abbraccio
Sara
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