Care mamme in cammino,
il titolo è ovviamente provocatorio, potreste provare a chiedervi… Perché non dovrei guardarlo? E poi fare un elenco di ragioni per cui farlo o meno.
Dopo una concitata richiesta per la visione di questo film, finalmente mi sono decisa a guardarlo anche io.
Come ho scoperto questo film? Ho scoperto Pieces of a Woman, uscito su Netflix il 7 gennaio 2021, per caso tra i social.
Poche descrizioni della trama, qualche commento (per lo più negativo) e non ho neppure visto il trailer, ma ovviamente mi ha incuriosita.
Un po’ per storia personale e un po’ per professione ho deciso di vederlo, insieme al mio compagno.
Sono qui per condividere con voi alcune riflessioni su quest’opera cinematografica.
Cercherò di darvi più versioni: una personale, legata al mio gusto narrativo e una più oggettiva, per leggere la pellicola in chiave di elaborazione del lutto perinatale.
Pieces of a Woman è un film di Kornél Mundruczó, dedicato al lutto perinatale, non è sicuramente il primo e il più originale, ma fa il suo dovere.
Se sei una mamma o un papà che ha vissuto il lutto perinatale potresti trovare dei punti di contatto con la storia, se sei una persona estranea a questo mondo (buon per te) tenta di sensibilizzare sul tema.
Il ricalco di luoghi comuni e il vedere il dolore sotto diversi punti di vista permette allo spettatore di immedesimarsi in più personaggi e forse, almeno penso, di evitare di sminuire il dolore di una coppia in lutto, qualora dovesse mai incontrarla.
Siamo pronti? Iniziamo….
Il mio parere su Pieces of a Woman
Partiamo con il mio parere personale.
È un bel film, non particolarmente strappalacrime, mi ero preparata pacchi di fazzoletti, che non sono serviti.
Solo in alcune scene mi sono immedesimata nella storia e quindi inevitabilmente le lacrime sono arrivate.
Disclaimer: chi si trova in un percorso di elaborazione del lutto perinatale recente, il film può risultare un attivatore potente.
Pieces of a Woman racconta la storia di Martha (Vanessa Kirby) e Sean (Shia LaBeouf), e della loro figlia Yvette, nata con un parto in casa e morta dopo pochi minuti.
Questo film racconta di un lutto perinatale, e non del lutto perinatale.
Ogni mamma potrà riconoscersi in qualcosa oppure prenderne le distanze.
È un film vietato ai minori di 14 anni, scelta per me discutibile.
Nel film si vedono delle nudità maschili e femminili, una testa che sta per uscire dal corpo materno…e questo è giudicabile come non adatto a essere spiegato a dei ragazzini.
Quando giornalmente vediamo sangue che fuoriesce a causa di violenza (e non per dare la vita) e parti intime de “la qualunque” intente in atteggiamenti sessuali, e questo invece lo reputiamo accettabile.
Va beh, chiusa parentesi.
Tornando alla storia, è un racconto verosimile nonostante la scelta di aver ricondotto la causa della morte della bimba ad un parto in casa.
Questo perché la maggior parte delle donne oggi partorisce in ospedale, ragion per cui l’incidenza di morte perinatale è maggiore negli ospedali.
In casa o in casa maternità si partorisce previa sicurezza sulla salute della madre e del bambino. Certamente le complicazioni esistono, comunque curioso che sia stato scelto un parto in casa.
Film sicuramente un po’ romanzato a tratti veloce e forse semplicistico di ciò che è il processo di elaborazione, comprensibile per i tempi cinematografici.
Allerta spoiler…
Scene iniziali del parto in casa molto dettagliate, anche se in alcuni momenti poco credibili, sicuramente più reali rispetto a ciò che fanno vedere nei film e telefilm, ma si poteva fare meglio!
La fase dei prodromi fino all’espulsione risulta a mio parere sotto tono, già con dei tratti drammatici e privi della poesia che di solito accompagna il momento della nascita.
Il momento lacrima arriva, ma è diverso per ogni persona…forse vi tocca proprio lì, dove magari siete ancora ferme nell’elaborazione del lutto, o dove fa ancora male.
Alcune scene danno l’opportunità di identificarvi con la protagonista e di porvi delle domande per elaborare il proprio lutto.
Si tocca il tema tra colpa e causa, tutti vogliono trovare un colpevole, l’ostetrica, mentre la madre, l’unica che sembra immune da questo senso di giustizia, cerca la figlia perduta in ogni dove.
Il messaggio di speranza, accettazione e trasformazione che arriva verso le battute finali di un film di 120 minuti, ripaga tutta la sofferenza, e lascia un messaggio positivo e di apertura verso la vita.
A chi è destinato il film?
Quello che mi sento di dire è che il giudizio e l’impatto che il film avrà sulla vostra vita dipende dal momento storico che state attraversando.
Vi capita mai di vedere un film da piccoli e poi rivisto da grandi la sua percezione cambia? Ecco, è quello di cui sto parlando.
Consiglio per la visione: approcciatevi con la mente e il cuore libero, e fatelo solo se vi sentite pronte ad accogliere le emozioni che vi scaturirà.
Pieces of a woman e lutto perinatale (versione oggettiva)
Di seguito vi propongo una lettura più oggettiva del film, in merito ai diversi tipi di lutto e fasi che esso attraversa.
Lutto della coppia: gestione pessima, no momenti di condivisione, no aiuto. Momento critico dopo i primi mesi, poca empatia e comunicazione.
Lutto del papà: il film è stato pensato in modo da mostrare il contrasto tra l’atteggiamento del padre (aperto al dolore) e quello della madre (chiusa in un mondo tutto suo dove fa i conti con il più profondo cordoglio).
Lutto del rapporto mamma e figlia: mamma e figlia (rispettivamente Martha e la sua anziana madre) non si capiscono, solo alla fine del film quando gli equilibri si ristabilizzano ciascuna offre all’altra amore e comprensione.
Lutto della nonna: la madre della protagonista vive il lutto come un fallimento. Il dolore di vedere la figlia straziata, il dolore per non avere una nipote, il dolore di aver vissuto una vita ingiusta, sono tutti motivi che la spingono verso il cercare giustizia ad ogni costo.
Il lutto della madre: non è visto, capito ma giudicato.
L’interpretazione di Vanessa Kirby (Martha) è magistrale.
Martha è una mamma che non parla, perché un lutto tale non può essere espresso.
Molte volte lei sta zitta, perchè non può dire a parole ciò che le brucia dentro.
E allora il film parla per immagini, per scene crude e veritiere, dalle mutande post partum con annesso assorbente extra large, allo smalto martoriato, alla collera per aver sbagliato il nome sulla lapide.
È un dolore che viene giudicato come non abbastanza intenso o al contrario troppo forte.
È il dolore di una mamma che sta soffrendo, che ha bisogno di riappropriarsi del proprio corpo.
Una mamma che vede bambini ovunque e li guarda con uno sguardo tra il dolce e il malinconico.
C’è una ricerca spasmodica di quella figlia che non si capisce bene dove sia andata.
Mentre gli altri piangono un corpo e lo vogliono seppellire a tutti i costi per andare avanti, la madre la cerca in ogni profumo di mela che incontra.
Non è il corpo il suo interesse, ma la sua essenza.
Quei pochi vagiti, quella stretta, quelle sensazioni così veloci che sfuggono al ricordo e alla memoria, ma che restano impressi per sempre dentro di lei.
La lattazione, qualcosa di doloroso da nascondere, che le ricorda prepotente che a quei seni avrebbe dovuto attaccarsi un bambino.
La solitudine inverosimile in cui è lasciata fa quasi urlare lo spettatore: “Aiutate quella donna”, mentre nessuno fa nulla, tutti guardano e giudicano.
E questo porta a chiederti: “Forse non succede così nella maggior parte dei casi?”. Ecco a cosa serve la sensibilizzazione.
Il tema del “devi andare avanti” e “devi curarti”, è un luogo comune che tutte noi abbiamo vissuto e che è stato inserito in modo magistrale nella pellicola.
Il percorso di elaborazione del lutto perinatale
Il film ripercorre nel giro di 7 mesi le maggiori tappe di un lutto.
Sicuramente la storia è personale, i tempi sono accelerati per motivi cinematografici e narrativi, ma le componenti ci sono tutte.
Lo struggimento e il buio.
La negazione del dolore e dell’esistenza della figlia.
La rabbia attraversata dai genitori nel modo a loro più confacente, seppur separatamente.
E infine dalle giornate che trascorrono tutte uguali e senza stimoli si accende una lampadina.
CONSAPEVOLEZZA.
Prima del processo che incriminerà l’ostetrica, la mamma guarda per la prima volta le foto della sua bimba, consapevolizzando che lei è davvero esistita.
In una escalation di sentimenti di amore e accoglienza, Martha va verso l’accettazione, nulla le ridarà indietro la sua bimba, solo trovarle un posto nel suo cuore le darà pace.
La madre dice che esiste un destino che forse ora non comprende, ma sceglie di accettare, mostrando come è possibile andare avanti e accogliere la vita che verrà.
A te la scelta… è arrivato il tuo momento per vederlo?
Buona visione
Un abbraccio accogliente di luce
Sara
🌟Guido le mamme nel percorso di elaborazione del lutto perinatale, durante la gravidanza arcobaleno e post maternità a ricreare l’equilibrio.
Camminiamo insieme oltre il lutto e verso la rinascita.
La Coach sul Lutto Perinatale
Mamma tra cielo e terra.
Educatrice del Femminile.
👁 Risvegliatrice d’intuito.
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