Perché dare sepoltura ad un feto
Ciao mamma in cammino,
Siamo di nuovo qui con Erika Zerbini, autrice di libri sul lutto perinatale e mamma del blog Luttoperinatale.life, per parlare di riti, sepolture dei feti e legislatura.
Leggi anche: “Sostegno al Lutto perinatale: I gruppi di Auto Mutuo Aiuto“.
Un aspetto molto importante del lutto è quello di creare ricordi e dei rituali.
Creare ricordi significa poter avere una storia da raccontare sul proprio bambino, anche se vissuto solo poche ore o poche settimane nella pancia della mamma.
Anche laddove i ricordi sono veramente pochi, è importante ricordare nostro figlio in modo da elaborare funzionalmente il nostro lutto.
Non si tratta di un discorso solo religioso. Creare i rituali concilia con la nostra parte tribale.
Per passare oltre ed elaborare il lutto bisogna mettere un punto fermo tra ciò che è vivo e ciò che è morto; ecco il rito di passaggio ha proprio questa funzione.
Questi riti, che sono consueti quando muore un nostro caro, nel mondo della morte pre e perinatale vengono meno, un po’ per tabù e ignoranza.
Considerare meno importante una morte durante la gravidanza o subito dopo il parto, rispetto alla dipartita di qualsiasi altra persona è un atteggiamento tipico della nostra società.
Il motivo è che sembra così strano dare valore a una vita così giovane, che spesso è meglio ignorarla.
Peccato però che stiamo parlando di nostro figlio.
Le leggi sulla sepoltura dei feti in Italia
A partire dalle convinzioni del personale medico in poi, si crede che non sia poi cosi rilevante lasciare il tempo ai genitori di creare dei rituali come la vestizione o un vero e proprio rito funebre con annessa sepoltura.
In Italia esistono delle leggi statali, regionali e comunali che permettono ai genitori, qualora lo desiderassero, di dare sepoltura ai loro figli di qualsiasi epoca gestazionale.
La questione si fa più spinosa quando a morire non è un bambino nato e poi morto, ma i così detti bambini mai nati o nati morti o abortiti.
La legge italiana parla chiaro
Il decreto Regio del 9/07/1938, n. 1238 all’articolo 74 prevede che un genitore dichiari se suo figlio sia nato morto oppure nato e poi morto.
Erika, raccontaci se ad oggi le cose sono cambiate e in che modo.
“Ad oggi fare una fotografia della situazione è complesso, perché assistiamo a uno scenario a mosaico.
Il D.P.R. (Decreto del Presidente della Repubblica) del 10/09/1990 n. 285, all’articolo 7 stabilisce che i genitori possono richiedere la sepoltura del proprio piccolo, morto in grembo dalle prime settimane di
gestazione e fino alla 28esima. I bimbi morti in grembo dalla 28esima settimana di gestazione sono considerati nati morti, pertanto seguono un iter diverso: sono iscritti all’anagrafe e ritenuti persone morte a tutti gli effetti, dunque si procede automaticamente con le pratiche rituali.
Il decreto prevede dunque che tutti i genitori possano seppellire i loro figli, pone però una linea di confine alle 28 settimane di gestazione: se il piccolo muore prima, il genitore deve presentare espressa richiesta entro 24 ore dal parto; se il piccolo muore a partire dalle 28 settimane di gestazione, l’iter si avvia in automatico.
La legge esiste, tuttavia è poco conosciuta. In genere, l’aborto o il parto avvengono in ospedale, il quale non è tenuto a informare i genitori della possibilità di seppellire, se non in alcune regioni italiane.
Occorrono molto tatto e competenza per fornire una tale informazione a genitori che dispongono di appena 24 ore per prendere una decisione e si trovano nel momento forse più doloroso della loro vita.
Quando l’aborto avviene al di fuori dell’ospedale, i genitori sono liberi di disporre del corpicino come ritengono: conosco alcuni genitori che hanno sepolto i loro piccoli in giardino, per esempio.
Ogni ospedale, in accordo con le norme regionali e comunali, dispone del corpo, nel caso in cui i genitori non si esprimano sulla loro volontà di dare sepoltura.
Accade spesso che il personale ospedaliero non proponga questa opzione ai genitori (forse perché non conosce neppure queste leggi), così trascorrono le 24 ore e la possibilità di sepoltura viene preclusa.
Questo crea un enorme disagio, poiché ci sono genitori che scoprono a posteriori questo loro diritto e realizzano che avrebbero scelto di dare sepoltura, se avessero potuto. Nel loro percorso di elaborazione del lutto questo resta un passaggio incompleto e da riparare.
Non di rado accade che senza un adeguato supporto, i genitori non si sentono deliberati a provare dolore e a vivere pienamente il loro lutto.
In questa cornice viene poi presentata l’opzione di sepoltura, senza empatia, senza spiegare il significato e aiutare la comprensione, che in quei momenti è minata dallo stato psicofisico compromesso a causa dello shock.
Talvolta, a posteriori, alcuni genitori rielaborano ciò che è accaduto, provando dolore e senso di colpa per non aver dato sepoltura ai loro figli“.
Il significato di dare sepoltura a un feto
Erika, secondo la tua esperienza, che significato ha per un genitore in lutto creare un rituale e dare sepoltura?
“Nella mia esperienza personale, posso dire di essere laica eppure di aver scelto la sepoltura. Anzi, mi sono molto risentita con il personale medico perché non mi ha informato subito della possibilità.
Ognuno, a prescindere dal credo, deve essere libero di scegliere.
Seppellire i propri cari e dare sepoltura ai bambini è qualcosa che risale all’antichità.
Nelle civiltà del Paleolitico, circa 70.000 anni fa, si sono rinvenuti ritrovamenti di sepolture.
È un bisogno tipico dell’essere umano, che rappresenta il prendersi cura e il ricordare.
Ciò che spinge un genitore, anche laico, a voler dare sepoltura a suo figlio, è ciò che spinge l’umanità a creare riti di passaggio.
Tutti i passaggi importanti della nostra vita sono ritualizzati e ritualizzare la morte ha un significato ancora più ampio.
Noi diventiamo consapevoli del fatto di essere finiti quando ci troviamo davanti alla morte perché ci palesa la nostra mortalità e questo a volte fa paura.
Poter elaborare questo dato di fatto ci aiuta a capire che la morte non è qualcosa di estraneo, ma fa parte di noi.
Inoltre questi riti ci permettono di non essere soli, ma accompagnati da altri familiari o persone care che riconosco il nostro dolore.
In questo momento sembra che il tabù della morte possa essere sospeso.
È possibile anche ricevere le condoglianze, il che è un evento raro.
Al genitore in lutto perinatale è improbabile, nelle nostra cultura, che vengano fatte le condoglianze, perché si percepisce questa morte come una non morte, e invece è molto importante.
Quel termine codificato dice: “Io ti vedo, vedo il tuo dolore, lo riconosco”.
Il genitore si sente autorizzato a vivere il suo lutto.
Dare sepoltura al proprio bambino è anche “far muovere le mani”.
Cioè darsi da fare per quel bambino.
Quando aspetti un bambino, modifichi la tua vita in modo da accoglierlo. Lavori per lui.
Sistemi casa, compri mobili, vestitini e accessori.
Mentre, quando l’attesa si interrompe, il genitore si trova improvvisamente a non avere più nulla a cui pensare.
Prendersi cura del bambino morto aiuta il genitore a sentirsi ancora utile e impegnato.
Gli ultimi gesti che un genitore può fare per il suo bambino, sono anche i più importanti per rendersi conto che non è più tra noi
Poter dare sepoltura e vedere il bambino (laddove è possibile) ci fa rendere conto che è realmente esistito.
Non è volato nell’etere, lasciando noi a chiederci dove sia, ma anzi, ha un posto ben preciso”.
Seppellire il proprio figlio sì o no? Come guidare i genitori verso una scelta consapevole
La struttura ospedaliera, fatta eccezione per alcune regioni, non è tenuta a informare i genitori dell’opportunità di dare sepoltura al proprio figlio.
Nella nostra cultura è complesso trovare del personale che sia debitamente formato e pronto ad accompagnarci nella scelta.
Questo accade perché viviamo nella stessa cultura che pensa che il lutto perinatale non sia un vero e proprio lutto.
Erika, come si potrebbero guidare i genitori in lutto verso una scelta consapevole?
“Evitiamo di dare per scontato che gli operatori siano sensibili al tema solo perché fanno quel mestiere.
Se l’empatia e la sensibilità dell’argomento non arriva dal personale sanitario, è bene che arrivi “dal basso” cioè da parte dei genitori che, scontrandosi con il trauma, sensibilizzano sul tema, facendo giusta informazione.
Non vorrei mai ci fosse la sepoltura forzata per tutti, mi piacerebbe piuttosto che ci sia del personale in grado di accompagnare il genitore nella scelta, lasciandogli un ventaglio più ampio delle sole 24 ore.
In Francia vi è la possibilità di scegliere se dare sepoltura o meno, in un tempo di 10 giorni. In Germania si hanno addirittura 3 mesi.
Quando perdiamo un arto è possibile seppellirlo e dopo la nostra morte, ricongiungerci ad esso.
Ciò significa che si è compresa l’importanza di seppellire un parte di noi per ricominciare senza.
Invece, per quanto riguarda la morte in attesa, non c’è ancora la stessa sensibilità.
Eppure il concetto è simile: seppellire per andare avanti senza quella parte di noi, nostro figlio.
Sono d’accordo sul sensibilizzare e facilitare i genitori verso una scelta consapevole, purché resti la massima libertà di espressione.
La sepoltura è uno dei modi per dare senso alla propria gravidanza terminata, ma non è così per tutti, e questo va rispettato.
Nel momento in cui ci si rende conto di essere arrivati tardi perché non è più possibile dare sepoltura, nonostante la volontà di farlo, è possibile creare un proprio rito.
Una messa per chi è credente, il lancio dei palloncini in occasione del BabyLossDay, oppure un qualsiasi rito personalizzato.
Il significato è ritualizzare un momento di passaggio, cioè: da genitore di un bimbo vivo divento genitore di un bimbo morto.
Il rito accompagna l’elaborazione, può essere un passaggio importante, ma non è risolutivo: ci sono persone che decidono di dare sepoltura, eppure non vanno avanti.
Fanno sempre finta di vivere come se il figlio fosse ancora vivo.
Uno dei significati della sepoltura è lasciare alla terra questo nostro figlio, di cui conserviamo il suo ricordo nella nostra vita, l’amore che abbiamo provato per e lui, mentre noi ci attiveremo per trovare il modo di proseguire senza la sua presenza fisica.
Durante il lutto cambiamo, quindi anche la funzione stessa della sepoltura e del cimitero muta.
Possiamo aver scelto di seppellire con l’intento di andare tutti i giorni al cimitero e poi questo nostro bisogno cambia.
Questo possibile comportamento non ci deve spaventare o generare sensi di colpa, ci dice che stiamo progredendo nel nostro percorso di elaborazione.”
In definitiva la libertà di scelta e il significato che viene attribuito alla sepoltura sono i punti fondamentali su cui discutere insieme ai genitori in lutto.
In questo modo è possibile rassicurarli, valorizzare il loro dolore e guidarli verso la scelta migliore per loro.
Grazie ancora Erika per aver toccato temi così delicati con la tua sensibilità straordinaria.
Per approfondire il tema guarda l’intervista integrale a Erika Zerbini.
Un abbraccio
Sara e Erika
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🌟Guido le mamme nel percorso di elaborazione del lutto perinatale, durante la gravidanza arcobaleno e post maternità a ricreare l’equilibrio.
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La Coach sul Lutto Perinatale
Mamma tra cielo e terra.
Educatrice del Femminile.
👁 Risvegliatrice d’intuito.